La differenza fra piantare alberi e disinquinare l’ambiente
In prossimità delle elezioni, alcuni politicanti a caccia di voti hanno prospettato di piantare alberi per dimostrare la loro attenzione ai temi dell’ambiente. Forse hanno cavalcato il progetto di Salgado che ha portato alla ricostruzione della sua foresta in Brasile, ma ad ogni modo la loro rimane una assurda e falsa promessa poiché la lotta alla deforestazione e ai cambiamenti climatici con cure palliative quali la piantumazione di milioni di alberi sono l’ennesimo tentativo di sfruttamento della situazione per scopi che nulla hanno a vedere con l’ambiente. Vero è che le piante sono il fondamento della vita, ma quanti anni occorrerebbero per far crescere gli ipotetici alberi? Nel frattempo, quante persone saranno rimaste sul pianeta? In quali condizioni di vita?
Dato che alle volte il male può diventare bene, la temibile proposta politica si è resa utile ad una riflessione: che differenza c’è fra piantare alberi e disinquinare l’ambiente?
È una questione puramente pratica. Infatti, il degrado ambientale ormai ad altissimi livelli e la necessaria ricostruzione degli equilibri può trovare una risposta in breve tempo soltanto attraverso un’azione concreta di disinquinamento. Sì, ciò che manca è innanzitutto il tempo.
Guardando cosa è successo nell’ultimo anno in tema di eventi climatici estremi (solo in Italia 132 da gennaio a luglio) non dobbiamo rimandare tutto al solito 2030 o 2050! No, perché Madre Natura non segue affatto il Green Deal. Allora per essere realistici eleviamo di potenza, proprio nel senso matematico, l’accelerazione del cambiamento climatico ed i relativi eventi estremi: una dinamica inarrestabile mentre gli studiosi valutano priorità, impatti, adattamento e vulnerabilità; una dinamica inarrestabile, mentre i leader del pianeta giocano o dormono, invece di disinquinare.
Attenzione però, disinquinare non è la stessa cosa di non inquinare o inquinare meno, e siccome queste parole sotto varie forme (anti-inquinante, biodegradabile, impatto zero, ecosostenibile, ecc.) oggi appaiono come lustrini per gli occhi sulla pubblicità di molti prodotti, vogliamo sottolineare e far comprendere la differenza.
Molti sono convinti che se non inquini, vuol dire che disinquini. Errato. Disinquinare significa eliminare l’inquinamento. Molto diverso da utilizzare prodotti che non apportano inquinamento.
Ad esempio, disgregare o incapsulare (nascondere momentaneamente) le molecole degli inquinanti non è la stessa cosa di disinquinare eliminando anche i residui chimici. Solo in natura le molecole hanno un circuito chiuso ossia vengono trasformate in seguito a reazioni continue senza lasciare scarti. Ciò è possibile perché in natura sono disponibili enormi quantità di energia. Per disinquinare quindi servirebbero enormi quantità di energia che comporterebbero costi inaccessibili rendendo impossibile il mercato.
Solitamente si tratta di greenwashing, ossia operazioni dove il green è un obiettivo irrealizzabile, la moderna economia di mercato non si sgancia dallo sfruttamento delle risorse naturali e non azzera le emissioni di gas serra, la società non è né giusta né prospera. Tuttavia, si è trendy e ci si libera la coscienza semplicemente scaricando l’enorme peso sulle nuove generazioni. Quale peso? Quello dei danni al pianeta e quindi alla specie umana.
Tornando agli alberi, le temperature estive da record di quest’ultimo anno, la forte irradiazione solare e la siccità prolungata hanno portato ad una elevata moria nei parchi delle città e nei boschi ove appaiono ad inizio agosto come fosse autunno. I media hanno annunciato che Milano diverrà nei prossimi anni come Austin (Texas), quindi niente alberi in città. Solo serpenti a sonagli? Potrebbe essere che l’innalzamento dei mari la facesse invece sparire e l’Italia potrebbe diventare un arcipelago…
Già esistono le migrazioni dovute al cambiamento climatico, ad esempio le comunità rurali in Cambogia dove le conseguenze della crisi ambientale (inondazioni, siccità, deforestazione, rifiuti urbani e inquinamento, uso di fertilizzanti chimici e pesticidi) mettono in risalto il legame fra sicurezza alimentare, migrazioni e adattamento al clima.
L’appello alla resilienza ha poco senso, ormai siamo come gli alberi che non possono più fare appello alle loro radici per rimanere saldi.