Il piccolo costruisce il grande: microrganismi e agricoltura
Dai diari di Silvana Zambanini
“Il piccolo costruisce il grande” fu una delle sue affermazioni che, ancora 20 anni fa, mi fecero pensare molto. Quelle parole sembrarono una sorta di oracolo e richiamarono alla mia mente gli esagrammi dell’I Ching, il libro dei mutamenti. Poi, sarà stato il wooden dummy, quell’attrezzo di allenamento per arti marziali che spuntava da in fondo al giardino… vidi minuscoli esseri combattersi in una danza mortale. Per sopravvivere, gli uni divoravano gli altri, sino a formare il terreno di combattimento per altri ancora, così via all’infinito.
Chi erano e da dove venivano quei minuscoli esseri? Trovai la risposta al microscopio, qualche anno dopo quando egli mi parlò del microcosmo e di come avviene la trasformazione del minerale inerte in biomassa. Linea spezzata mobile, intera fissa, spezzata fissa, intera mobile… rividi quella danza, come un respiro immortale del nostro pianeta sulla via dell’Universo.
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Quei minuscoli esseri con il loro processo trofico hanno generato la vita sul nostro pianeta sviluppando flussi di nutrienti e l’intera catena alimentare.
Sì, i microorganismi sono la prima forma di vita originata dal brodo primordiale e dalla quale si è formato il nostro ambiente.
Che il suolo si sia originato nel tempo dall’attività batterica non è una novità, che gli invisibili batteri abbiano forme svariate nemmeno, che si trovino in qualsiasi ambiente, sia esso terrestre che acquatico o aereo pure, ma ancora nessuno sa (tranne il Signore dei Cristalli, come a me piace definirlo) in che modo avvenga il passaggio da inorganico a organico e da organico a inorganico. La trasformazione della materia è una proprietà dell’energia, l’energia costruisce la vita.
“La struttura vitale di qualunque essere, sia esso una cellula, un batterio o un albero, ha lo stesso principio: l’energia universale.”
(A. Mendini)
Microrganismi e Scienza
Ipotesi scientifiche ed esperimenti relativi al passaggio da inorganico a organico sono risalenti ancora al 1953. Con essi si tentò di attribuirne la capacità alla formaldeide e più recentemente alla formammide e persino ad un campo elettrico di 50 MV/cm (cinquantamilioni di Volt per cm) equivalenti all’energia scaricata da un fulmine. Strade tutte molto lontane.
La trasformazione della materia è una proprietà dell’energia, l’energia costruisce la vita: è soltanto ciò che può aprire la nostra conoscenza verso il futuro. Il punto rimane quindi il tipo di energia.
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Microrganismi e agricoltura
Il Regolamento CE 1107/2009 definisce i Microrganismi come “entità microbiologiche, compresi i funghi e i virus inferiori, cellulari o non cellulari, capaci di replicarsi o di trasferire materiale genetico”. La definizione rispecchia il vicolo chiuso dove affonda la scienza ufficiale.
Là fuori, i più eruditi teorizzano spore batteriche spinte dalla pressione di radiazione che diffondendosi dallo spazio avrebbero portato la vita sulla Terra. Eppure qui sulla Terra molecole organiche si generano dall’inorganico. Bisognerebbe capire il flusso energetico dimensionale dell’intelligenza planetaria e il programma della vita…
Ogni cosa ha un programma. Inorganico – organico – inorganico… ecco ritorna la danza immortale. Anche la pianta ha un programma. Quello della pianta ha inizio con il passaggio dall’inorganico all’organico, ovvero dal minerale inerte alla biomassa. E’ proprio in questo passaggio che inizia la vita, la cui prima espressione sono i microorganismi.
L’equilibrio delle coltivazioni parte dai microrganismi
Si sa che l’equilibrio microbiologico dei suoli è fondamentale per l’agricoltura, infatti lo si motiva agronomicamente dicendo “i vegetali vivono in stretta associazione con le specie batteriche, ad esempio, le leguminose sono in grado di fissare l’azoto atmosferico N2 trasformandolo in NH3 ed utilizzandolo per sintetizzare proteine e composti azotati utili alla catena alimentare.” Ed ecco allora l’alzata di ingegno dei microrganismi antagonisti, ossia l’introduzione di batteri per il biocontrollo delle patologie fungine nelle coltivazioni, il controllo degli insetti, dei nematodi e compagnia bella.
E’ fondamentale fare una riflessione in merito all’introduzione dei microrganismi in agricoltura, una pratica che negli ultimi anni, in seguito alle crescenti problematiche o semplicemente al fine di migliorare ulteriormente la fertilità dei suoli e le produzioni agricole, si fa sempre più largo.
L’introduzione di microrganismi nelle coltivazioni può rivelarsi molto pericolosa. Nel tempo, dopo un apparente miglioramento, si genera invece uno squilibrio, perché non si tratta di un processo naturale, ma di un processo forzato che poi diviene incontrollabile.
Infatti, i microrganismi nativi, quelli sfornati da Madre Natura per intenderci, sono microrganismi “vergini”. Sconosciuti alla classificazione tassonomica, nascono dall’inerte e come tali possono ritornare all’inerte. Il nostro Signore dei Cristalli li definì appunto “microrganismi vergini”, perché sono cellule a campo zero ossia cellule in pre-essere, la prima trasformazione del messaggio dei minerali in struttura di vita. Assorbite e catalizzate dalle microradici, entrano nel programma della pianta differenziandosi in cellule di accrescimento o di mantenimento delle funzioni vitali delle stesse. Quelle non assorbite tornano allo stato inerte, cioè in attesa di programma.
I microrganismi vergini sono gli unici microrganismi capaci di creare e mantenere gli equilibri, invece, tutto quello che avviene a valle (microrganismi da colture in laboratorio, sia di sintesi che di origine naturale) è fonte di inoculo di patogeni e di alterazione degli equilibri.
Immagine al microscopio (1985, A.Mendini): particolare del passaggio dal minerale inerte alla biomassa
Considerando i livelli di inquinamento delle matrici ambientali ed i conseguenti mutamenti ecologici e biochimici, appare chiaro che per ricostruire gli equilibri naturali non basta parlare di microbiota o di rinaturalizzazione del suolo.
Mi preoccupa molto il risvolto di certe scelte che si profilano una croce più che un crocevia tra scienza, agricoltura e impresa agricola, perché controllare funghi, batteri nocivi e insetti dannosi in tal modo porta inevitabilmente allo sviluppo di superbatteri resistenti. Dalla difficoltà nel coltivare si passerebbe all’impossibilità.
Parafrasando Fëdor Dostoevskij con il suo “Ricordi dal sottosuolo” del 1864, non sarebbe possibile che all’uomo non piaccia soltanto lo star bene? Che gli piaccia anzi altrettanto la sofferenza? Che lo star male gli sia di vantaggio giusto quanto lo star bene?