Il piacere di coltivare
Dai diari di Silvana Zambanini
Leggevo tempo fa ”… numerosi nuovi contadini metropolitani finito il lavoro inforcano zappa e rastrello e scendono nel quartiere a piantare pomodori e innaffiare erbette”. Mi chiedevo cosa li muovesse, forse l’esperienza sensoriale di colori, suoni e profumi della Natura, un senso di comunione con essa; oppure il godimento di un inconscio stato d’animo, alle volte teso ad alimentare invidie, onori e ricchezze; forse, un anelito salutistico esistenziale. E la risposta era: mossi da un sentimento, un’azione o un pensiero, ma sempre alla ricerca del piacere.
In una prospettiva ontogenetica, il desiderio del piacere, ovvero l’infinita ricerca della felicità, è congenito alla vita. Esso proviene dall’istinto di conservazione, ma genera speranze ed illusioni in quanto il flusso duale della realtà non lo può appagare.
In effetti, il piacere di coltivare appartiene sia a chi coltiva amatorialmente, sia a chi coltiva per fare reddito. Tutti e due dicono “ci vuole passione” e nel dirlo sono già vicini al piacere… tutti e due dicono “che soddisfazione”.
Ma chi sono effettivamente questi goduriosi? E cosa fanno?
Hobby farming ovvero la coltivazione amatoriale
Fare l’orto, coltivare piante e fiori sono tutte azioni dei cosiddetti hobbisti o meglio amatori. All’insegna del viva il giardinaggio, stiamo all’aria aperta e produciamo alimenti sani, si sono creati la loro zona naturale di godimento che può variare da un piccolo terrazzo al fondo ereditato, dove producono per il proprio fabbisogno o trasformano ciò che producono in regali per amici e parenti. Tra gli hobby farmer rientrano anche quelle piccole aziende agricole che vengono mantenute senza aspettarsi di essere una fonte primaria di reddito. In questo caso godono due volte.
Insomma, gli hobby farmer (contadino per hobby) sono tantissimi. Pare che solo in Italia siano ben 1milione e 200mila.
Diverso è per l’imprenditore agricolo. Più complicata è l’analisi del godurioso professionale…
La coltivazione agricola professionale
Secondo la normativa, chi esercita professionalmente un’attività agricola deve avere tre requisiti fondamentali:
- possedere conoscenze e competenze professionali adeguate;
- dedicare all’attività agricola gran parte del proprio tempo lavorativo;
- ricavare dall’attività agricola la prevalenza del proprio reddito.
Ed è il terzo punto il più ostico perché qui si rilevano diverse tendenze tutte determinate dallo “sfruttamento” della produttività della terra, tutte evoluzione in senso economico di quella figura che un tempo era il contadino. Dunque, l’attività agricola moderna e l’industrializzazione dell’agricoltura, ma in definitiva il godimento del denaro ha dato origine alla figura del coltivatore diretto e dell’imprenditore agricolo come persona singola e sviluppato organizzazioni di imprenditoria agricola in forme di società.
Allora dove sta il piacere del coltivare in questi casi? Oggi c’è più o meno piacere di una volta? Si godeva maggiormente prima o dopo l’industrializzazione dell’agricoltura?
Chissà qual era la tendenza degli agricoltori al tempo della Magna Grecia, quando l’80% della popolazione era impiegato nelle attività agricole e stoici ed epicurei si contendevano le sorti… E che dire poi di quel piacere sfociato nell’agricoltura capitalistica romana? La floridezza o il processo di decadimento si sono alternati allora come adesso, nel gioco del divenire: profondi turbamenti determinati dalla crisi del commercio per la chiusura dei mercati e dalla contrazione dei traffici prodotta dalle guerre, mutamento generale dei contesti economici, aspre situazioni prodotte dalla contesa politica e sociale… movimenti che si ripetono con diverse sfumature di grigio.
Oggi, anziché pregare ai santuari di Atena e Dioniso, si pregano Enti ed Istituzioni per aiuti, indennità e contributi a sostegno del reddito; si prega per far arrivare la pioggia scongiurando la siccità, per essere liberati dall’infestazione, per la fine del Coronavirus… Il piacere passa dal dolore.
Agricoltori stoici ed epicurei di un tempo, oggi agricoltori masochisti e agricoltori perversi
Negli ultimi anni la tipologia di operatore agricolo professionale più in voga sembra essere quella di chi attua la ricerca del piacere attraverso il dolore subito, una sorta di masochismo psicologico. La dimostrazione di una fortezza d’animo esemplare di fronte alla sventura, la capacità di sopportare il peso della rassegnazione e perfino di autosabotarsi.
Testa o croce? L’altro lato della stessa medaglia rivela l’agricoltore perverso, permissivo e dominato dalla deviazione verso i compromessi e le convenienze, capace di negare l’evidenza e perfino di sabotare.
La terza via: il piacere di coltivare
Ma ecco la terza via, libera tutti gli attori agricoli dal proprio isolamento e dalla separazione dell’hobbista dal professionista e viceversa; sono i goduriosi, quelli effettivamente dediti al piacere del coltivare … per una vita migliore.