Grazie per l’inquinamento ambientale
Dai diari di Silvana Zambanini
Nel 2005, facendo appello al termine disinquinamento scrivevo: “occorre preservare l’equilibrio biologico dell’ecosistema per evitare un declino irreversibile”.
Ancora prima, cercando nello Zingarelli del 1971, non trovavo il termine disinquinamento, che però oggi inizia a comparire nelle voci di menu di qualche sito di notizie sull’inquinamento ambientale.
Oggi, il termine disinquinamento è calato ormai nel nostro inconscio collettivo come dimostra il suo svariato uso (es. disinquinamento mentale, disinquinamento fiscale). Questo ad indicare modalità generali di riferimento facenti parte ormai della nostra comprensione.
Ora non voglio evocare nuovi modelli e paradigmi tipici della green economy, qui c’è una reale ed impellente necessità: disinquinare, liberare dall’inquinamento.
Il disinquinamento è necessario affinché l’agricoltura abbia un futuro.
Non mi limito però a parlare di inquinamento agricolo, ma più ampiamente di inquinamento ambientale. Infatti, anche l’azienda agricola più virtuosa non può ignorare la problematica dell’inquinamento a livello globale poiché esso riguarda i cicli vitali dell’intero ecosistema.
I risultati produttivi di ogni azienda agricola oggi vanno considerati alla luce di una tangibile verità: l’alterazione dei processi vitali, siano essi fisici, chimici o biologici, conseguenti all’alterazione di terra-acqua-aria-luce.
Produrre per soli fini economici?
Oggi si conoscono gli effetti dell’inquinamento, quali il degrado del suolo, la contaminazione delle acque, la perdita della biodiversità, l’aumento della CO2 e così via. L’agricoltore però non ne è direttamente informato, poiché rimane più una competenza riservata all’interesse di specifici tecnici: agronomi, biologi, microbiologi e biotecnologi, tanto che è nata recentemente la figura di tecnico del controllo ambientale.
Accuso una mancata comunicazione fra agricoltore e tecnici del settore. L’agricoltore è totalmente avulso dal contesto ambientale, non opera tenendo conto delle funzioni e degli equilibri vitali delle proprie coltivazioni, figuriamoci del funzionamento dell’ecosistema. L’agricoltore ha perso il contatto con la Natura, è diventato un imprenditore agricolo che produce per soli fini economici.
Un modus operandi in linea con i tempi per fronteggiare il problema dell’inquinamento ambientale a livello globale richiede la partecipazione di tutti, una partecipazione sana ed intelligente. Se è vero che l’esempio viene dai maggiori, una partecipazione sana ed intelligente non è certo quella prospettata dagli scienziati americani e dal suo miliardario finanziatore Bill Gates, fondatore di Microsoft. Potremmo definirlo un fenomeno di inquinamento mentale, dato che si tratta di un progetto di gestione delle radiazioni solari (Solar Radiation Management – SRM) attraverso l’utilizzo di carbonato di calcio per fermare il riscaldamento globale. Più precisamente, il progetto definito di geo-ingegneria, riguarda il lancio nell’atmosfera di milioni di tonnellate di questa polvere per bloccare e riflettere parte dei raggi solari, con l’obiettivo di abbassare la temperatura del pianeta e mitigare gli effetti del riscaldamento globale e dei relativi cambiamenti climatici.
Prospettive scientifiche ed approcci sperimentali, soldi a parte, trovano una sola risposta: non è certo con la chimica che potremo disinquinare il mondo.
Occorre una tecnologia nata da una scienza avanzata per riparare gli errori della nostra era tecnologica!
L’illusione dell’ingegneria climatica per combattere il riscaldamento globale, dunque, non potrebbe replicare il meccanismo naturale a cui si sono ispirati i semidei di Harvard (l’eruzione del Monte Pinatubo, avvenuta nel 1991 nelle Filippine, che abbassò la temperatura terrestre di mezzo grado per 18 mesi) poiché la Chimica Naturale ha leggi segrete e molto diverse dalla Catalytic Chemistry del Monte Carlo.
“La legge dell’Universo dice: i segreti vanno rispettati ed onorati con umiltà per esserne parte“ A. Mendini
La sostenibilità a livello globale passa dal superamento dell’inquinamento ambientale
Basta stendere lo sguardo all’orizzonte per vedere una cortina grigiastra delinearsi: è l’inquinamento atmosferico che a partire dagli anni ’80 ha registrato un calo di luminosità del 20% condizionando negativamente il processo di fotosintesi.
Basta pensare alle isole di plastica che galleggiano nei nostri mari, alle tonnellate di sostanze radioattive riversate, agli scarichi delle nostre industrie, e non solo, per capire l’inquinamento dell’acqua. E ancora, a tutto ciò che arriva nei nostri suoli per capire il grado di inquinamento della terra.
La sostenibilità ambientale passa dal superamento dell’inquinamento globale e questo vale soprattutto per il sistema agricolo.
Alcuni la chiamano visione ecologica profonda, a me basta dire “un po’ di buon senso”.
Altri, ispirati dal Green Deal da mille miliardi e rivolti alla Generazione Z sfidano l’Apocalisse costruendo belle scatole vuote: un grafico fantasioso, qualche slogan di effetto, citazioni appetibili per gli stakeholders, qualche accenno all’identità del pensiero sistemico, l’appello all’agricoltura sostenibile, il codice etico e una dichiarazione visionaria, ed è fatta …
il brand campeggia e la coscienza è pure a posto.
Sostenibilità ambientale: sostanza non apparenza
Agricoltura sostenibile significa superare concretamente il problema dell’inquinamento a livello globale. L’inquinamento ambientale coinvolge tutto il pianeta poiché quello di “terra-acqua-aria-luce” è un sistema privo di confini, nel bene ma anche nel male.
L’agricoltura oggi deve essere più propriamente gestione del sistema terra-acqua-aria-luce, il quale diviene a sua volta indicatore di produttività e redditività di ogni azienda agricola.
L’inquinamento non è solo un problema ambientale, ma anche economico e sociale ed il disinquinamento è una necessità imperante.
Un sistema agricolo sostenibile non può essere ridotto ad apparenza, come la semplice etichetta “da agricoltura sostenibile”, ma deve essere innanzitutto sostanza.