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Gestione del vigore delle piante

Gestione del vigore delle piante

08 maggio 2020 - BioAksxter®

Sentiamo spesso in agricoltura termini come gestione del vigore, equilibrio delle piante. Ma cosa intendiamo realmente? Vigore ed equilibrio sono la stessa cosa? Perché capire questi concetti è fondamentale per fare agricoltura in futuro? Possiamo capire se le nostre colture sono in equilibrio oppure no? È possibile misurare l’equilibrio delle colture?

Il concetto di vigore

Anche riferendosi agli uomini si parla di vigore. Essere in pieno vigore significa avere energia, essere sani e robusti, un concetto molto usato anche in letteratura.

Nel caso delle piante spesso è difficile quantificare il vigore (o vigoria), che rappresenta spesso un concetto astratto. “Le mie piante sono troppo vigorose”, vi sarà capitato di sentire dagli agricoltori. Ma il vigore è misurabile oppure è solo un concetto astratto?

In viticoltura, ad esempio, il vigore è misurabile, conoscendo l’espressione vegetativa ed il numero di gemme. L’espressione vegetativa fa riferimento alla quantità prodotta di sarmenti, foglie, frutti o radici. Il vigore rapporta l’espressione vegetativa al numero di gemme: maggiore sarà questo rapporto e maggiore sarà anche la vigoria. Questo concetto è trasferibile poi anche in altre colture.

Vigoria-delle-piante.png

Vigore ed equilibrio vegeto-produttivo:
l’esempio della viticoltura

La vigoria indica quindi quanto mediamente si sviluppa un ramo (o un tralcio nel caso della vite). Semplificando possiamo dire che lunghezza e diametri maggiori dei rami sono correlabili ad una maggiore spinta vegetativa, ad una conseguente maggiore produzione di foglie e di frutti, e quindi ad un maggior vigore, rispetto a rami più corti e sottili.

Per capire meglio questi concetti è preferibile fare un esempio. Consideriamo 20 piante di vite con un numero di gemme totali pari a 300 in un caso (caso A), 150 (caso B) e 405 (caso C), ma con lo stesso numero di grappoli (180) ed un peso totale di 45 kg d’uva (con 9 grappoli e 2,25 kg per pianta, calcolati su un peso medio del grappolo pari a 250 g).

VIGORE-TABELLA.png

Abbiamo calcolato il vigore considerando il numero di grappoli presenti, dividendolo per il numero di gemme. Maggiore è il numero di gemme (a parità di numero di grappoli) e minore sarà il vigore.

La vigoria calcolata in questo caso fa riferimento alla produzione, ma lo stesso discorso è possibile farlo con altri parametri, considerando ad esempio il numero di foglie o il numero di radici. Per calcolare la vigoria vengono considerate per praticità soprattutto il numero di grappoli (o frutti nel caso di altre colture) o il numero di foglie.

Una pianta vigorosa può essere in equilibrio?
Possiamo misurare l’equilibrio?

Rimanendo nel campo della viticoltura si parla spesso di equilibrio vegeto-produttivo, un concetto che combina invece un’adeguata produzione con un’adeguata produzione vegetativa.

Per raggiungere l’equilibrio sarà necessario avere una adeguata produzione di foglie per quella determinata produzione, né troppa né troppo poca.

Per capire se il nostro vigneto è in equilibrio oppure no è possibile eseguire delle semplici misurazioni, come ad esempio:

  • m2 superficie fogliare/kg produzione, con valore ideale attorno a 1-1,5
  • Indice di Ravaz, che rapporta la produzione (in kg) alla massa del legno di potatura (kg), con valore ideale tra 8-12

INDICE-RAVAZ.png
LEGENDA: SFT (superficie fogliare totale) misurata in m2 ; U (uva prodotta) misurata in kg

Il caso A mostra un vigneto non in equilibrio, sbilanciato verso la produzione in rapporto alla superficie fogliare presente. Per riportarlo in equilibrio è necessario aumentare la superficie fogliare ed il peso del legno oppure abbassare la produzione.

Nel caso B i due indici sono all’interno dei valori raccomandati e possiamo dire che il vigneto ha un buon equilibrio tra vegetazione e produzione.

Anche il caso C (come il caso A) è tipico di un vigneto squilibrato ma questa volta a causa della troppa superficie fogliare rapportata alla produzione presente.

Ormai è sempre più difficile raggiungere l’equilibrio delle colture, a causa dei continui input introdotti attraverso la chimica, oltre a stress climatici e malattie fitosanitarie, senza dimenticare pratiche agronomiche mal eseguite, che incidono gravemente sull’equilibrio delle colture.
BioAksxter® evita gli squilibri del sistema vegeto-produttivo e consente il riequilibrio degli scambi ecobiologici.

L’importanza dell’equilibrio

Avere delle colture equilibrate ci permette di avere numerosi vantaggi, tra cui:

  • adeguata superficie fogliare esposta con ridotto numero di strati fogliari;
  • migliore microclima a carico delle colture e minore incidenza di malattie, grazie anche alla migliore distribuzione dei prodotti fitosanitari;
  • minori squilibri nutrizionali;
  • frutti distribuiti in maniera adeguata e con pezzature omogenee;
  • facilità di lavorazione e aumento dell’efficienza delle lavorazioni, con riduzione dei costi.

BioAksxter® agisce sulla programmatica primaria della pianta, rendendo le colture equilibrate, longeve e redditizie.

Pratiche agronomiche ed equilibrio vegeto-produttivo

Dal punto di vista colturale abbiamo spesso degli squilibri dal punto di vista vegeto-produttivo anche perché la coltura è “in continuo movimento” e l’allontanamento dalle condizioni di equilibrio pregiudica enormemente il successo delle colture. Anche le pratiche agronomiche sono un aiuto nel mantenimento delle condizioni di equilibrio e nella gestione delle successive operazioni colturali.

BioAksxter® programma l’equilibrio vegeto-produttivo delle colture restituendo reddito all’agricoltore, salute al consumatore, equilibrio dell’ambiente.

Come abbiamo spiegato in precedenza per raggiungere l’equilibrio vegeto-produttivo è necessario in alcuni casi intervenire a carico della superficie fogliare oppure della produzione. Vediamo nei successivi capitoli come alcune pratiche agronomiche agiscono sull’equilibrio delle colture.

Pratiche agronomiche invernali-primaverili

La gestione del vigore comincia già con la potatura invernale. È la prima pratica agronomica, dopo la raccolta, determinante per la nuova annata. In caso di piante poco produttive con una bassa superficie fogliare, si consiglia di lasciare un basso numero di gemme in modo da permettere uno sviluppo più accentuato dei rami, mentre nel caso vi sia un’eccessiva produzione e uno sviluppo eccessivo di massa fogliare è necessario eseguire una potatura invernale più leggera, lasciando un maggior numero di gemme. A seconda degli interventi ed alla tipologia di piante, se acrotone o basitone, si riscontrano diverse modifiche a carico del vigore.

Il taglio delle radici è invece una lavorazione svolta in primavera che permette di ridurre il vigore delle colture. Il taglio delle radici riduce la capacità di assorbimento d’acqua ed elementi nutritivi dal suolo. Specialmente in seguito alla ripresa vegetativa si noterà una minore produzione di vegetazione.

Taglio-radici-vigore-bioaksxter.jpeg
Taglio meccanico delle radici 

Pratiche di potatura verde

Nella potatura verde rientrano tutti quegli interventi che agiscono sulla vegetazione e sulla produzione attraverso la rimozione di foglie, fiori o frutti, con l’obiettivo di ottenere un migliore equilibrio tra vegetazione e produzione.

La cimatura è un’operazione che consiste nell’eliminare gli apici vegetativi delle piante, determinando una riduzione della superficie fogliare. Viene svolta per permettere una maggiore penetrazione della luce solare, oltre a contrastare l’acrotonia delle specie. È consigliata anche in alcune specie erbacee (vedi cimatura dei pomodori).

La sfogliatura (o defogliazione) è una pratica svolta in agricoltura (soprattutto in viticoltura) che ha come obiettivo quello del miglioramento del microclima delle colture, riducendo così l’incidenza delle malattie, grazie ad un migliore microclima e ad una migliore penetrazione dei prodotti fitosanitari.

sfogliatura-vite-vigore-bioaksxter.jpeg
Sfogliatura su vite

Non dobbiamo dimenticarci che la sfogliatura porta alla diminuzione della superficie fogliare e che un intervento troppo eccessivo può essere anch’esso causa di disequilibrio: il rischio è quello di sbilanciare troppo l’equilibrio verso la produzione e di non avere una sufficiente superficie fogliare per la maturazione dei frutti (col rischio di penalizzare aspetti qualitativi come grado zuccherino, acidità, colorazione dei frutti, ecc.), che risultando maggiormente esposti alla radiazione solare sono più soggetti al rischio delle scottature.

La sfemminellatura è anch’essa una pratica che determina una diminuzione della superficie fogliare. Serve ad evitare che germogli secondari, meno produttivi, determinino una sottrazione di energia e nutrienti a discapito della produzione. È molto comune ad esempio eseguire la sfemminellatura del pomodoro.

La spollonatura consiste invece nell’eliminazione di rami basali sviluppatisi a partire dal legno vecchio.

spollonatrice-vigore-bioaksxter.jpeg
Spollonatura meccanica della vite

Il diradamento (o dirado) ha come obiettivo principale quella di lasciare sulla pianta i frutti migliori e favorirne la maturazione. Il diradamento può essere svolto manualmente o in maniera meccanica. È possibile anche intervenire con l’utilizzo di fitoregolatori. Mentre in molte colture è necessario eliminare interamente il frutto, in altre (es. uva da vino) è possibile eliminare solamente una parte della produzione, eseguendo il cosiddetto taglio delle punte.

La decorticazione anulare consiste nell’asportare un anello di corteccia di qualche millimetro, arrestando il deflusso della linfa verso le radici. Va eseguita quando la pianta presenta un’importante attività radicale. Al di sopra della parte decorticata si otterrà una maggiore differenziazione a fiore delle gemme, favorendo così l’allegagione e la produzione di frutta. È un intervento che richiede una notevole quantità di tempo, se praticato su un gran numero di branche. L’utilizzo di questa tecnica può portare ad un accelerato invecchiamento delle branche che dovranno essere poi eliminate successivamente in fase di potatura.

Concimazioni fogliari e fitoregolatori: incidenza sul vigore

In caso di scarso vigore solitamente si interviene con concimi fogliari che apportano maggiori nutrienti, determinando una maggiore produzione di vegetazione. L’effetto è comunque solo temporaneo e potrebbero essere necessari più interventi, col rischio anche di passare da una situazione di basso ad una di alto vigore.

Per agevolare la riduzione della produzione vengono spesso svolti degli interventi con i fitoregolatori. Esistono ad esempio i cosiddetti brachizzanti, che determinano una riduzione del vigore a carico delle colture.

Sono a disposizione anche diversi prodotti diradanti, i quali determinano una riduzione a carico della produzione (es. ethepon, amide, acido naftalenacetico, acido gibberellico). Alcuni principi attivi inoltre possono avere un’azione diradante a carico dei frutticini, anche se non registrati come fitoregolatori (es. polisolfuro di calcio).

Ma la vigoria della buona gente?!
L’uso di questi prodotti può incidere sulla salute dell’operatore e sulla qualità degli alimenti creando deficienze e decadimenti delle forze a tutti i livelli, con gravi ripercussioni patologiche. BioAksxter® disinquinando suolo, piante e frutti, riequilibra le colture eliminando queste possibili cause.

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