Coltivazione e storia della lenticchia
Mangiare lenticchie durante le feste natalizie ed a Capodanno si dice che porti fortuna. Chi regala lenticchie augura fortuna, successo ed anche ricchezza, forse per la loro forma simile a quella delle monete.
Sarà poi vero? Se così fosse veramente, a giudicare dalle tonnellate che si producono e si mangiano, non ci sarebbe alcuna crisi economica…
Ma vi siete mai chiesti come e da quando si coltiva la lenticchia?
La lenticchia nella Storia
La coltivazione della lenticchia è molto antica: testimonianze archeologiche certificano che in Grecia fosse consumata già 13.000-15.000 anni fa. Persino nel libro delle Genesi e precisamente nella vicenda di Esaù si parla della lenticchia. Esaù scambiò il ruolo di primogenito con suo fratello gemello Giacobbe per un piatto di lenticchie cotte.
Come altre numerose piante, sia erbacee che arboree, le sue origini risalgono all’area dell’Europa del sud (Grecia in particolare), oltre alle regioni dell’Asia Minore e Centrale, incluso il Caucaso ed il Vicino Oriente interessando un’area molto estesa dalla Turchia fino al Pakistan, passando tra gli altri per Siria, Israele, Georgia, Azerbaigian, Afghanistan e Iran.
Era coltivata anche dagli Egizi, poi la sua coltivazione si diffuse a livello europeo grazie a Greci e Romani. Da questi areali la coltivazione si è diffusa più o meno in tutto il mondo, raggiungendo nel 2017 una produzione mondiale attorno a 5 milioni di tonnellate (dati FAOSTAT).
Caratteristiche botaniche e varietà
La lenticchia (Lens culinaris) è una pianta annuale erbacea. Appartenente alla famiglia delle Fabaceae (dette comunemente Leguminose) e raggiunge un’altezza tra i 20 ed i 70 cm, con steli dritti o ramificati. Le foglie hanno una forma oblunga, sono alterne e composte. Al termine di 10-14 foglioline troviamo spesso un viticcio. I fiori sono di colore bianco o con sfumature blu più o meno intense, tendenti a volte anche al viola. Le infiorescenze sono riunite in gruppi da 2 a 4 fiori. I frutti sono baccelli corti ed appiattiti, contenenti 2 semi a forma di lente leggermente bombata. Da tale caratteristica deriva appunto il nome lenticchia.
Lens culinaris, ovvero la pianta della lenticchia, è distinta in 4 sottospecie: oltre alla sottospecie culinaris distinguiamo le sottospecie odemensis, orientalis e tomentosus. Della culinaris fanno parte quasi la totalità delle lenticchie coltivate, mentre le altre sono presenti in natura come specie selvatiche.
Nel mondo, oltre che in Italia come vedremo in seguito, le varietà di lenticchie sono numerose. 2 sono le caratteristiche per differenziare le diverse cultivar:
- Colore. I colori sono estremamente variegati, spaziando dal verde al marrone chiaro, marrone scuro, nero (dette anche lenticchie beluga), rosso (colore tipico delle lenticchie egiziane), rosa, arancio, rosso, giallo (es. lenticchia Macachiados in Messico)
- Dimensioni. Se ne distinguono di piccole (diametro di 4-5 mm), medie (5-6 mm di diametro) e grandi (6-7 mm di diametro)
A livello europeo alcune varietà hanno ottenuto il riconoscimento della denominazione di origine, come nel caso della lenticchia verde di Puy AOC in Francia (l’AOC è il corrispettivo italiano della DOP).
Diverse varietà di lenticchia. Un concentrato di colore e sapore
La lenticchia nel mondo
Non è il Vecchio Continente a farla da padrone in termini di superficie coltivata. A sorpresa la maggior superficie coltivata appartiene al Canada (con quasi 2,5 milioni di ha coltivati a lenticchie). Segue poi l’India con quasi 1,7 milioni di ha. Staccatissime poi le altre Nazioni. Nella fascia tra 100.000 e 400.000 ha, troviamo nell’ordine:
- USA (poco più di 400.000 ha, meno di un quarto dell’India);
- Kazakistan;
- Turchia;
- Australia;
- Nepal;
- Russia;
- Bangladesh;
- Iran;
- Siria;
- Etiopia;
Attorno a 75.000 ha troviamo invece la Cina. Come vediamo nessun Paese della zona UE ricopre i primi posti a livello mondiale. In Europa è la Spagna a farla da padrone con poco più di 35.000 ha seguita da Francia (15.000 ha circa), Ucraina (8.300 ha), Italia (4.981 ha) e Bulgaria (4.471 ha).
Campo coltivato a lenticchie in Australia
A livello di produzione, la classifica rispecchia in generale la superficie coltivata. Le prime 5 posizioni sono occupate da:
- Canada (poco più di 3,7 milioni di t);
- India (1,22 milioni di t);
- Turchia (430.000 t);
- USA (339.380 t);
- Kazakistan (313.156 t).
Per quanto riguarda la resa in Italia ci si attesta a poco più di 7 q/ha. In altri Paesi le rese vengono spinte maggiormente, superando a volte anche i 20 q/ha, come nel caso di Cina, Egitto o Turchia.
La lenticchia in Italia
Come più sopra descritto l’Italia non è tra i principali produttori di lenticchie al mondo, sia per la superficie coltivata che per la resa/ha. Nonostante tutto l’Italia dispone di produzioni di eccellenza, tutte con una storia e caratteristiche peculiari:
- Lenticchia di Castelluccio di Norcia I.G.P., prodotta in Umbria, con buccia tenera e sottile, molto digeribile, è la lenticchia più famosa
- Lenticchia di Altamura I.G.P., prodotta in Puglia, ha ottenuto l’I.G.P. nel 2017. È, tra le italiane, quella più grande. I tempi di cottura lunghi non ne hanno aiutato la diffusione. Negli ultimi anni è tornata però alla ribalta
- Lenticchia di Santo Stefano di Sessanio, in Abruzzo sull’altopiano del Gran Sasso. Di piccole dimensioni, può essere cotta anche in acqua fredda
- Lenticchia di Rascino, in provincia di Rieti al confine con l’Abruzzo. La sua coltivazione fu favorita dalla presenza di una sorgente e i pastori transumanti la preparavano nel latte
- Lenticchia di Onano, in provincia di Viterbo, detta anche la lenticchia dei papi. Si narra che papa Pio IX si consolò con un piatto di lenticchie di Onano dopo aver perso il potere temporale
- Lenticchia di Ustica, coltivata sulla piccola isola siciliana è la lenticchia più piccola d’Italia. Si cuoce in fretta, senza bisogno dell’ammollo
- Lenticchia di Villalba, in provincia di Caltanissetta. Varietà a seme grande, con livelli molto alti di ferro e proteine. Tra gli anni ‘40 e ‘50 visse il suo momento d’oro, toccando il 30% della produzione nazionale di lenticchie. È in corso il riconoscimento come I.G.P.
- Lenticchia di Ventotene, coltivata sull’isola in provincia di Latina, di piccole dimensioni, con un aroma vegetale intenso, dolce e ricca di ferro
- Lenticchia di Valle Agricola, in Campania ai piedi del Massiccio del Matese. Dimensioni medie, di colore scuro e buccia sottile
- Lenticchia nera di Leonforte o dei Monti Erei, in provincia di Enna, dal caratteristico colore nero, con dimensioni medio-piccole e caratterizzata da basse rese
- Lenticchia di Colfiorito, coltivata in Umbria. Di piccole dimensioni e con tonalità che variano dal rosso, al giallo, al verde
- Lenticchia di Mormanno, in Calabria. Caratterizzata da una policromia del seme, con tonalità che vanno dal verde al rosa, fino al beige
- Lenticchia rossa di San Sisto, nella zona del Montefeltro, nelle Marche. Caratteristico è il suo colore rossastro
Dispongono del riconoscimento come PAT (prodotto agroalimentare tradizionale) le lenticchie di Colfiorito, Villalba, Ventotene, Valle Agricola e Leonforte. Oltre a essere riconosciute come PAT dispongono del presidio Slow Food le lenticchie di Santo Stefano di Sessanio, di Ustica, di Onano e di Rascino.
Modalità di coltivazione della Lenticchia
Come avrete visto dalle cultivar e dai loro areali di coltivazione la lenticchia è presente in zone prettamente a clima caldo e non molto piovoso. È coltivata sia in pianura che ad altitudini più elevate e spesso in avvicendamento con i cereali. Tollera discretamente le gelate. Essendo una pianta azotofissatrice riesce ad apportare benefici alla fertilità ed alla struttura del suolo, anche per le colture che la seguiranno.
La preparazione del terreno viene svolta poco tempo dopo la raccolta del cereale. Seguono poi vari lavori di affinamento per preparare la semina di questo legume, che avviene nel mese di novembre in zone più basse, mentre in quota si predilige il periodo marzo-aprile.
La semina avviene impiegando circa 300-400 semi a metro quadro, con file molto ravvicinate (tra 15 e 25 cm) ed una profondità tra 4 e 6 cm (più è grosso il seme maggiore sarà la profondità). Sono richiesti dai 60 agli 80 kg/ha (lenticchie a seme piccolo) fino ai 120-160 kg/ha (lenticchie grandi). Per evitare marciumi alle plantule queste vengono normalmente conciate. Viene eseguita nelle zone più calde a novembre, mentre nelle zone più fredde si predilige il periodo marzo-aprile.
La concimazione viene svolta generalmente con fosforo e potassio, minori sono invece le esigenze in azoto. Si adatta infatti bene anche in terreni meno fertili.
L’irrigazione è consigliata specialmente in annate siccitose. Particolare attenzione va prestata al periodo post-semina e tra la fioritura e l’ingrossamento dei baccelli.
La gestione delle malerbe è invece in alcuni casi complessa. La lavorazione meccanica è in molti casi difficile e si predilige spesso intervenire con il diserbo in fase di pre- o post-emergenza. Alcuni disciplinari proibiscono il diserbo e la gestione delle infestanti è possibile in alcuni casi solo manualmente.
La raccolta prevede la fase di mietitura, con successiva trebbiatura, consistente nel separare la granella dalla paglia e dalla pula. Un tempo tali operazioni venivano svolte manualmente, formando dei mucchi in campo e lasciandoli essiccare poi per qualche giorno. Attualmente invece tale operazione, almeno per quanto riguarda estese superfici, viene svolta con l’ausilio delle mietitrebbiatrici. In Italia avviene generalmente nei mesi di luglio ed agosto.
I semi vengono poi confezionati. La parte vegetale separata dalla granella può essere impiegata per produrre foraggio.
Mietitrebbiatura della lenticchia
Avversità e difesa della coltura
Anche la lenticchia può essere colpita da diverse patologie. Per quanto riguarda le malattie fungine segnaliamo:
- Peronospora (Peronospora viciae), che si manifesta con le cosiddette macchie d’olio. È favorita dalle precipitazioni e soprattutto da prolungate bagnature fogliari
- Ruggine (Uromyces ervi), causata da un fungo basidiomicete. Si presenta con delle macchie fogliari puntiformi, di colore inizialmente giallastro. Negli stadi più avanzati della patologia le macchie necrotizzano
- Sclerotinia (Sclerotinia sclerotium), la quale causa marciumi al sistema radicale e al colletto, con un micelio biancastro sull’organo interessato, che tende poi a disfarsi
- Altri marciumi del colletto e delle radici, causati da funghi delle specie Pythium, Phytophtora e Fusarium. Attaccando la parte ipogea della coltura portano la pianta all’ingiallimento e poi alla morte
- Antracnosi (Ascochyta pisi, Colletotrichum spp.). Si manifesta con tacche necrotiche nerastre su foglie, piccioli e semi. Favorita da lunghi periodi piovosi, specialmente in primavera
Stelo di lenticchia colpito da antracnosi
Per quanto concerne gli insetti i più pericolosi sono:
- Sitona spp., ovvero Coleotteri i cui adulti si nutrono dei margini fogliari, mentre le larve si cibano delle radici e soprattutto dei tubercoli radicali
- Afidi, responsabili sia di danni diretti alla coltura (sottrazione della linfa), sia di danni indiretti con produzione di melata sulla quale poi possono svilupparsi le cosiddette fumaggini, oltre alla possibile trasmissione di virosi
- Lepidotteri, tra cui la piralide (Etiella zinckenella). Le larve si nutrono del seme
- Tonchi (Bruchus signaticornis ed altre spp.), dei piccoli Coleotteri le cui larve rodono i semi delle Leguminose, lenticchia inclusa. È l’avversità più pericolosa in fase di conservazione
Danni da tonchio su lenticchie in fase di conservazione (fonte: http://plagas.itacyl.es/gorgojo)
BioAksxter® e la coltivazione della lenticchia
Le formulazioni disinquinanti BioAksxter® si rivelano molto adatte alla coltivazione della lenticchia, sia per l’agricoltura convenzionale che per quella biologica. Per le vostre coltivazioni si consiglia l’applicazione di BioAksxter® M31 Agricoltura nel corso del ciclo colturale. I benefici sono molteplici:
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- Piante più equilibrate e sane e più resistenti alle malattie con la possibilità di ridurre tutti gli altri prodotti per l’agricoltura già a partire dal primo ciclo colturale
- Rese ottimali
- Ottima qualità del prodotto, sia dal punto di vista organolettico che per quanto riguarda la conservabilità
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