Coltivare l’Albicocco. Coltivare il frutto del Paradiso
Dove? Paradiso terrestre (secondo alcuni l’attuale Medio Oriente)!
Cosa? Creazione del mondo!
Quando? Terzo giorno dalla creazione (ora più, ora meno)!
Chi? Il buon Dio, Adamo, Eva e una pianta misteriosa!
Perché? Perché è proprio di questo che vogliamo parlarvi: una pianta avvolta nel mistero. E per raccontare al meglio la sua bellezza, i suoi pregi e qualche difetto, bisogna partire da lontano.Dunque, il Signore era – più o meno – a metà della creazione di ogni cosa quando decise di regalare all’umanità – ovvero appena 2 persone – l’albero della conoscenza del bene e del male, lo stesso dal quale, di lì a poco, Eva avrebbe colto il frutto del peccato.
Alzi la mano chi non conosce questo famigerato frutto? Anche i bambini lo sanno: è la mela!
Ma ne siamo proprio sicuri? Del resto, chi di noi era lì per verificare?
I Testi Sacri, in questo senso, non ci aiutano molto: nella Genesi, infatti, si parla soltanto di un generico “frutto rotondo, buono da mangiare e gradito agli occhi”. Frutto rotondo in ebraico antico si traduce in melon. Ecco spiegata la leggenda del Melo quale albero del Paradiso terrestre.
Adamo ed Eva commettono il peccato originale (dettaglio della facciata del duomo di Orvieto)
Il Melo, del resto, è da sempre la pianta più famosa; ovunque, in dipinti e mosaici, è l’albero più rappresentato non solo nell’iconografia del Paradiso terrestre ma anche come idea di natura e fascino bucolico.
Ma, senza nulla togliere alla sua virtù, è improbabile che il Melo abbellisse il primo giardino della storia del mondo in quanto certamente inadatto – per le sue esigenze ecologiche – ad ambienti caldi, poco umidi e decisamente molto assolati, tipici del Medio Oriente.
René Magritte: Mele mascherate
Allora di che frutto si tratta? Qual è questa pianta misteriosa?
Ebbene, potrebbe essere l’Albicocco! Del resto nel confronto col Melo ne esce decisamente favorito; non solo per esigenze e carattere bioecologico (più rustico, richiede tanto sole e temperature miti) ma anche per la morfologia del frutto stesso che si presta molto meglio a rappresentare il frutto del peccato!
Ma ci sono altri elementi. Il nome scientifico (Prunus Armeniaca) lascia intendere un’origine compatibile con ambienti caratterizzati da temperature miti e carenza d’acqua.
E’ Plinio il Vecchio che per la prima volta, nella sua Historia Naturalis (I sec. a.C.), cita questi frutti misteriosi individuando appunto nell’Armenia la regione di più probabile origine e dando le basi al nome botanico.
Successivamente, nella letteratura latina, l’albicocco sarà conosciuto come malum precox in ragione della precocità della fioritura e del periodo (maggio-giugno) di maturazione dei frutti.
In Italia è coltivata ormai da millenni ed apprezzata per la splendida fioritura, il colore delicato, il sapore, l’indistinguibile profumo.
Colture di albicocco trattate con BioAksxter®
Il frutto è ricco di zuccheri, vitamine (A e C), fibre e minerali (calcio e ferro). Succoso e fragile va colto al momento giusto; inadatto ai lunghi trasporti, un tempo lasciava ai soli coltivatori il piacere di mangiarlo appena raccolto: in città arrivavano soltanto le marmellate.
E’ questo uno dei difetti dell’albicocca: la breve conservabilità e la propensione alle ammaccature che lo rende un prodotto difficile da trasportare.
Ed ancor prima di arrivare al frutto, una gelata tardiva e traditrice può compromettere definitivamente la produzione dell’anno in corso grazie alla fioritura precoce che caratterizza questa specie.
E sì, non è semplice coltivare l’albicocco; questa pianta da frutto è piuttosto esigente. Richiede terreni fertili, umici, ricchi di minerali soprattutto potassio; anche per questo le migliori albicocche sono quelle che maturano sui suoli vulcanici delle pendici del Vesuvio: sono più di 40 le varietà coltivate in quella zona! Un’eccellenza campana per la quale è in corso l’iter di registrazione del marchio I.G.P. “Albicocca Vesuviana”.
Le varietà assumono nomi anche bizzarri; a volte traggono origine da un personaggio, un botanico, un coltivatore ma l’inspirazione più comune, come spesso accade per scrittori, poeti e agricoltori, arriva dalla metà migliore del cielo: le donne!
Così molte varietà di albicocche ricordano la bellezza ed il fascino femminile come la Bella d’Imola (Emilia Romagna) o la Boccuccia (Campania), Palummella, Pellecchiella ed altre.
Gustav Klimt “Amiche”
Forse perché l’albicocca è un frutto che si mangia con tutta la buccia i poeti di ogni tempo hanno accostato la sua morbidezza, che assomiglia al velluto, alla pelle tenera e vellutata di una giovane donna; forse la forma, intrigante e sensuale; forse il profumo, delicato e persistente; il sapore, fresco e dolce … sicuramente ci sono tanti motivi per definire l’albicocca il frutto del Paradiso … ognuno ha il suo!