Coltivare come una volta: progresso o regresso?
Quando non si può più guardare in avanti, si inizia a guardare indietro.
È un assioma innegabile. Un comportamento incorreggibile. Una realtà palese. Quando succede si cade quasi sempre nell’impossibile e generalmente si complica la situazione.
Da un po’ di tempo si parla di coltivare come una volta. Stando a quanto appena detto significa non c’è più futuro.
Da questo dietro front generale che ritroviamo a tutti i livelli, bisognerebbe innanzitutto capire cosa significa una volta, se in epoca preistorica, romana, medioevale o nel Novecento. Ad ogni modo bisogna ben tener presente che è sempre inattuabile un’evoluzione all’indietro così come una involuzione in avanti perché il fattore tempo comporta il variare della situazione e delle relative condizioni. Insomma, è impensabile produrre su larga scala arando il terreno con una coppia di buoi al giogo così come coltivare sulla luna dove si è giunti con un razzo. Progresso e regresso sono due concetti troppo spesso confusi. In tal senso vale citare Elon Musk con i suoi investimenti su Marte e, strettamente legata all’agricoltura, rispolverare qui la lettera del ricercatore Mendini al prof. Mario Fregoni (scritta e pubblicata su VQ nel 2008) il quale in un editoriale intitolato Viticoltura organica cercasi, auspicava un ritorno dell’agricoltura all’epoca dei Benedettini o dei Cistercensi per conservare i terreni sempre più poveri in humus.
Egregio dott. Mario Fregoni,
bisogna rendersi conto che l’epoca in cui viviamo non ha niente a che vedere con quella dei Benedettini o dei Cistercensi. Le condizioni sono totalmente cambiate e quel sapere mal si adatta alla nostra realtà. Le macchine allora erano biologiche, oggi consumano petrolio. Le guerre erano all’arma bianca, oggi sono chimiche; si impiegano navi e sottomarini a fissione nucleare, macchine astrofiche con potenziale a distruzione planetaria; ci sono enormi depositi di scorie attive e… abbiamo rovinato la barriera protettiva del pianeta. Così la biodinamica di Steiner aveva un senso nei primi del ‘900 e lo sterco bovino certo non risolve il problema della diossina, del ddt, del petrolio e di tutte le sostanze venefiche distribuite in agricoltura. Stando con un piede nel 600 o nel 1300 e l’altro nel 2000, prima o poi si è destinati a spaccarsi in due. Più che cercare una viticoltura organica è necessario adeguarsi all’era tecnologica. Occorre un prodotto tecnologico nato da una scienza avanzata, proprio per riparare gli sbagli tecnologici.
Quanto all’organico, la prima pianta sul pianeta non aveva lo sterco, gli animali sono venuti dopo. Che dire poi di quelle piante che vivono sulla roccia… La pianta è adibita a trasformare il minerale in vegetale e questa funzione è leggibile nella struttura atomica del minerale che evidenzia il codice di crescita della pianta e la sua forma. C’è un programma, attuato con i flussi magnetici, di cui proprio il minerale ha le sue trasmissioni. Il primo vegetale sul pianeta si è generato da un agglomerato di onde in un punto in cui le condizioni erano adatte alla scomposizione e ricomposizione delle strutture molecolari (brodino primordiale). La pianta non è solo radici che succhiano, è un fattore energetico di trasformazione con complessi fattori di scambio che non si possono inventare, né improvvisare. Certo la pianta “tira su” tutto, e quindi anche l’organico, ma deve prima rimineralizzarlo per poi trasformarlo attraverso una microcombustione atomica. Questo avverrebbe grazie all’energia ricavata dalla fotosintesi, ma abbiamo il 20% in meno di luminosità; inoltre, l’assorbimento di batteri e virus nonché di sostanze nutrienti inadatte, a base di sangue o stallatici freschi, provocano nematodi ed altre malattie. Di qui la necessità di intervenire con un prodotto adeguato, capace di rafforzare il programma della pianta. È l’inorganico che crea i microrganismi vergini necessari al processo di umificazione, ed è un controsenso utilizzare il cavallo per non compattare il terreno se poi nella vinificazione l’enologo, in una cantina supertecnologica, utilizza la chimica per sopperire alle mancate condizioni nella produzione dell’uva.
Ricercatore Alessandro Mendini
Le posizioni di Musk e Fregoni risultano completamente dissociate dalle reali condizioni umane e totalmente sbilanciate o nel passato o nel futuro, non considerando le limitazioni concrete del presente. Una presupposta vita su Marte senza la capacità di produrre cibo non è tanto diversa dalla crisi produttiva che ci sta portando alla fame sulla Terra.