Biodiversità: la mia risposta sostenibile
È la varietà degli organismi viventi sul pianeta in relazione all’equilibrio degli ecosistemi in cui questi vivono, ovvero la biodiversità, ad interessare oggi l’agricoltore: quello della vecchia generazione che in campo non trova più i riferimenti del passato e quello della nuova generazione, preparato teoricamente ma incapace di trovare riscontro nella realtà presente.
“Non sai dove palpi” diceva l’agricoltore padre al figlio inesperto. “Non è più così” ribatteva il figlio erudito al padre. All’incrocio di queste due generazioni, tra questa reciproca incomprensione, si colloca la biodiversità, che non è un affare di famiglia bensì la cartina di tornasole della qualità del nostro ambiente.
Quando ero piccola collezionavo le cartine delle arance e le cartine delle caramelle Rossana, ci guardavo attraverso quasi a cercare quella parte di mondo che non si rivela ai nostri occhi. Questo è chiamato a fare l’agricoltore, diventare tutt’uno con l’ambiente per viverne i minimi dettagli, stare nell’onda di vita che si esprime diversamente ad ogni istante, perché tutto si modifica più velocemente di prima, di un istante appena trascorso. Impietosamente.
Tanto vale amare questo divenire incessante, coniugando il mestiere di vivere con il proprio mestiere, quello di coltivare la terra. Sì, anche se l’agricoltore oggi è stanco, stanco come il suo terreno, dove la vita non trova modo di esprimersi per come è stata creata. Stanco e solo, privo dei confini del proprio campo, ora deve guardare al mondo intero mentre il mondo gli cade addosso: la siccità di quest’anno non è quella di 70 anni fa, ci sono gli inquinanti a togliere la vita agli organismi del suolo.
Gli organismi sono anche micro, mutano le malattie; anche loro arrancano nella scalata della sopravvivenza, biodiversamente abili, sogghignano, poi un tornado li spazza via; faccio il pirodiserbo? Oppure il sovescio e qualche agrofarmaco? Uh, il cocktail estivo…
Tutto si consuma in una difficile psicodinamica: ecco, le temperature sono aumentate, ma le precipitazioni sono diminuite, la popolazione anch’essa è aumentata, i consumi sono diminuiti, gli habitat naturali invece…
Il psicodramma della natura ovvero il psicodramma delle comunità biologiche richiede nuovi attori e nuovi interpreti. La biodiversità della specie umana però non sa spiegarsi.
Gli agricoltori sono diretti ma anche abbandonati dal sistema. Gli interlocutori non rivelano le loro conoscenze così lontane da quelle quotidiane del campo, i linguaggi sono così diversi e le distanze sono colmate da fatture di consulenza mediante le quali costruiscono il proprio potere, ed ora annunciano… l’economia circolare.
L’agricoltore deve incrementare il potenziale produttivo, ha bisogno di nuovi strumenti, di mezzi che lo scortino fuori dai gironi dell’inferno. Non può essere la cultura dello scarto a generare una nobiltà d’animo e d’azione, il vegetale non accetta compromessi, è puro e semplice; al vegetale non si raccontano storie, lui vive bene o muore. Presto dovremo fare i conti, pagare anziché pregare.
Mi ricordo il sistema dell’arte annunciato negli anni ’80 da Bonito Oliva: artista, critico, galleria/museo/casa d’aste, editoria specializzata, collezionista; ecco il prodotto servito al mercato. Il sistema è sempre il sistema, varia la forma ma non la sostanza: l’artista è l’agricoltore che crea il cibo, il critico è il tecnico, come ad esempio l’agronomo, che attraverso modelli valuta e avvalora l’attività dell’azienda agricola, lo spazio espositivo equivale ai mercati agroalimentari, la GDO, ecc., l’editoria specializzata celebra il settore, il collezionista è il consumatore.
Se l’annunciata morte dell’arte ormai si tocca con mano, quella dell’agricoltura annunciata oltre 100 anni dopo ritrova la sua espressione nell’era della fame che oggi campeggia, con una differenza, non potremo attendere 100 anni. Perché il bisogno di cibo è più violento dei bisogni sottili della mente la quale è il contenitore del pensiero, della bellezza e di tutti gli scopi dell’anima.
Se l’uomo ha danneggiato la biodiversità del pianeta, tocca all’uomo subirne le sorti.
Al bivio fra stili di vita e necessità a imperare è la morte o la vita. Non è una rivelazione distopica, ma il rotolo della mia vita dove è scritto BioAksxter. La mia risposta sostenibile.